Omelia per la Veglia Pasquale

31-03-2018

In questa Veglia Pasquale – la Veglia più solenne dell’anno, chiamata anche madre di tutte le veglie – stiamo ri-vivendo la morte e risurrezione di Cristo, evento che sprigiona una nuova creazione, una nuova storia.

La liturgia ci aiuta a cogliere questi eventi straordinari attraverso alcuni segni. E così partecipiamo ai grandi misteri della fede con tutto il nostro essere, non solo con l’intelligenza, ma anche con i sentimenti, i sensi, la percezione del nostro essere incarnato. Sono quattro i segni: il fuoco-la luce, l’acqua e il canto dell’alleluia. Sono segni che indicano una realtà unica, tragica e stupenda insieme: la morte e la risurrezione di Gesù Cristo che ci prende e ci porta in sé, a vivere uniti a Lui la vita dei figli. Gesù Cristo, morto e risorto, inaugura una nuova creazione, nella quale noi-umanità, passiamo da morte a vita. L’umanità peccatrice co-muore e co-risorge con Gesù. È arricchita della sua capacità di amare e di perdonare, di vivere in Dio.

La Veglia Pasquale, come abbiamo visto, è iniziata con il simbolo della luce, più precisamente del fuoco. Ci siamo posti attorno ad un fuoco che ardeva e lo abbiamo benedetto. Per noi credenti, la fiamma del fuoco rappresenta un amore appassionato e il mistero di luce che è Cristo, che si distacca da Dio e viene nel mondo per illuminarci. Al fuoco che crepitava e fiammeggiava abbiamo acceso il cero pasquale, che è stato portato processionalmente nel presbiterio, perché resti qui sino a Pentecoste, quale simbolo di Cristo, luce della Chiesa e del mondo, principio e fine della storia, cuore di un mondo ricreato, mediante la vittoria sulla morte e sul peccato.

Dal cero pasquale, ossia da Cristo, abbiamo attinto la luce della nostra candelina, ricordando il nostro Battesimo: passaggio da morte a vita, ingresso nella vita luminosa di Cristo, vittorioso sulle tenebre del male. Il cero pasquale arde consumandosi, in un intreccio inseparabile di morte e risurrezione. Ci ricorda come Cristo donandosi totalmente al Padre diviene per noi modello di umanità nuova: nuova perché in piena comunione con Dio-Amore; nuova, perché colmata dalla capacità di donarsi totalmente e di perdonare. Il cero che, mentre si consuma illumina, ricorda una cosa fondamentale per il credente: si diventa luce per gli altri quando si vive donando se stessi e quando la propria esistenza viene impostata come un pro-essere incessante, vissuto in Cristo, per Lui.

San Pier Damiani, le cui spoglie mortali sono ospitate nella nostra maestosa cattedrale, soleva ripetere che il cero pasquale arde e si consuma in mezzo all’assemblea per la gioia dei credenti. Guardando al cero acceso essi vedono Cristo che continua il dono di sé per la redenzione di tutti, piccini e grandi. Grazie a Cristo, che è la Verità che illumina e ci fa liberi, possiamo essere persone di luce, ossia persone in grado di discernere il bene dal male, il vero dal falso; persone che non solo li vedono e li riconoscono ma anche li scelgono e li vivono; persone che per affermarli in se stessi e nelle istituzioni sono disposti a morire perché li apprezzano, ma soprattutto per amore di Cristo.

I cristiani, come affermava don Oreste Benzi, vedono in Cristo il loro Tutto. Essi non sono tanto innamorati delle idee del bene e del vero, della povertà in sé, ma di Cristo che, «pur essendo ricco, si è fatto povero per noi» (2 Cor 8,9). Non dobbiamo essere innamorati delle nostre opere e delle nostre istituzioni, pur importanti e necessarie per testimoniare il nostro servizio all’uomo, ma soprattutto di una Persona, che è Gesù Cristo. «Il Signore non vuole tanto dei facchini che sgobbano per Lui, ma vuole degli innamorati che agiscono e vivono per Lui, con Lui e in Lui», soleva ripetere sempre don Benzi. Noi diventiamo luce per il mondo quando il nostro io è misticamente immerso in quello di Gesù Cristo, ossia quando noi riusciamo a far vedere agli altri quanto siamo innamorati di Lui.

Il secondo simbolo della Veglia Pasquale è l’acqua, nella sua duplice valenza, negativa e positiva. Simboleggia il mare come elemento di morte in cui Cristo discende, al pari dell’esercito del faraone nel Mar Rosso. La Veglia Pasquale rivive il passaggio dalla morte alla vita di Cristo. Nel Battesimo un tale passaggio è compiuto come transito dall’essere semplici figli dell’uomo verso la vita dei figli di Dio.

Ma l’acqua simboleggia pure la vita. Le sorgenti d’acqua fresca donano vita ai campi, al deserto. Li fanno divenire rigogliosi. Nella Chiesa primitiva il Battesimo doveva essere amministrato con acqua sorgiva fresca. Senza acqua non c’è vita. Così, per il credente, senza Cristo non c’è vita. Nel Battesimo il Signore fa di noi non solo persone di luce, ma anche sorgenti dalle quali scaturisce acqua viva per il mondo. Non solo i grandi come Agostino, Francesco d’Assisi, Teresa d’Avila, don Bosco, padre Pio da Pietrelcina, Madre Teresa di Calcutta, san Giovanni XXIII, san Giovanni Paolo II hanno fatto entrare fiumi di acqua viva nella storia, vivendo un loro carisma particolare. Grazie a Dio, anche persone umili e non conosciute da molti, come i nonni, le mamme e i papà, gli insegnanti, i bravi sacerdoti, i diaconi, i religiosi, i consacrati, i volontari che lavorano con tanta passione sono sorgenti che dissetano e irrigano la comunità civile e religiosa. «Certo, conosciamo anche il contrario: persone dalle quali promana un’atmosfera come da uno stagno con acqua stantia o addirittura avvelenata. Chiediamo al Signore, che ci ha donato la grazia del Battesimo, di poter essere sempre sorgenti di acqua pura, fresca, zampillante dalla fonte della sua verità e del suo amore»! (BENEDETTO XVI, Omelia Veglia Pasquale 11 aprile 2009).

Il terzo grande simbolo della Veglia Pasquale è di natura tutta particolare; esso coinvolge l’uomo stesso. È il cantare il canto nuovo – l’alleluia. Nella Veglia Pasquale, anno per anno, noi cristiani intoniamo dopo la terza lettura questo canto. È il nostro canto. È il canto di coloro che, mediante la potenza di Dio, sono stati tirati fuori dalla morte del peccato e sono stati costituiti uomini e donne pasquali, ossia testimoni gioiosi del Risorto!

In questa veglia pasquale che annuncia, con la risurrezione di Cristo, la nascita di una nuova umanità, trasformata dallo stato di non-popolo in popolo santo, fatto di sacerdoti, acquistato e radunato da Dio Padre, pensiamo al futuro Sinodo dei giovani, che sta entrando nella sua fase cruciale. Riusciremo a capire sempre più cos’è, i suoi obiettivi, quanto più ci metteremo alla scuola di Gesù che muore e risorge, che muta il nostro cuore di pietra con un cuore di carne. La Chiesa che accoglie, celebra e annuncia lo Spirito d’amore di Cristo, porta scolpiti in sé i connotati di un popolo in marcia, determinato a combattere ogni forma di male, di disumanizzazione, di ingiustizia, di sfruttamento, di schiavitù fisica, morale e spirituale. Come? Annunciando soprattutto la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. La Chiesa non può rinunciare a coinvolgere le nuove generazioni nella sua missione, perché missione di un popolo giovane, grazie allo Spirito del Risorto.

Partecipando alla grande veglia di questa sera facciamoci ringiovanire come Chiesa da Colui che ci aiuta a lasciare l’uomo vecchio (Ef 4,23).