Omelia per la Solennità dell’Immacolata Concezione

08-12-2017

Autorità civili e militari,

Cari Fedeli e Frati minori Conventuali,

la devozione della città di Faenza e del suo territorio all’Immacolata trova radici nel secolo quindicesimo. Una tale devozione era viva ancor prima della definizione del dogma, avvenuta nel 1854. Crebbe coinvolgendo tutto il popolo faentino e, in particolare, il mondo rurale. Nacque una specifica devozione per la protezione e i bisogni della campagna, per l’abbondanza dei raccolti e dei frutti, per impetrare, a seconda delle necessità, la pioggia o il sereno. L’Immacolata si consolidò come la principale protettrice del territorio faentino e dei dintorni. Lo stesso Innocenzo XII, già vescovo di Faenza dall’anno 1682, divenuto papa, volle farla pregare per i bisogni dei campi romani, colpiti da una forte siccità.

In questa regione, il prezioso ed indispensabile lavoro dei campi, grazie a Dio, non è venuto meno. Esiste in forme mutate, mescolato con le attività lavorative dei servizi, del settore quaternario, dell’industria, sempre più connotata dalla digitalizzazione e dalla robotizzazione. Nonostante le fatiche e i guadagni talvolta magri, vi sono mille motivi per ringraziare Dio e sua Madre, l’Immacolata.

Ancora oggi, la solennità dell’Immacolata concezione è al centro della nostra devozione. L’Immacolata è da noi amata e venerata come creatura in piena comunione con Dio. A motivo di ciò è divenuta Madre di Dio e Madre nostra. Maria Immacolata ha cura per tutti, per le nostre famiglie, per la nostra vita intera, corporale e spirituale. Ci è madre integralmente. A lei le mamme faentine offrono i loro figli e le loro figlie. Sprona tutti, in particolare i credenti, a vivere un’esistenza piena di amore, di donazione a Dio e di servizio agli altri. Solo così è possibile riempire di senso le nostre attività. Solo così abbiamo la forza di cambiare in positivo le situazioni che condizionano negativamente la crescita umana. Il rischio più grande che corriamo, lo constatiamo tutti i giorni, è di vivere frastornati, disorientati. Le tecniche di produzione e di comunicazione sono sempre più perfette, mentre i fini ci risultano più sbiaditi e confusi. E così si finisce per perdere il senso direzionale. Ma, soprattutto, con il predominio della logica tecnocratica viene meno la fiducia in un Dio che salva. Questa triste situazione è stata espressa dallo scrittore Umberto Galimberti così: «Nessun Dio ci può salvare». L’odierna umanità appare sazia e disperata, senza sbocchi di un futuro sicuro, incapace di pensare come gli antichi o come, più vicino a noi, Martin Heidegger. E, cioè, che Dio, nella sua bontà, e con il suo potente amore, ci può salvare. Solo Lui, come una Madre, ha viscere di misericordia per noi e può farlo, abbandonando la sua casa.

Maria di Nazareth crede possibile che i cieli, secondo l’intensa visione del profeta Isaia, siano squarciati da Dio e lascino discendere il Salvatore (cf Is 63, 16b-17.19b). Ella si pone prontamente al suo servizio per cambiare il mondo, soprattutto il cuore dell’umanità, per creare un nuovo popolo, una nuova storia.

Maria è quella persona immacolata alla quale Dio ha bussato per entrare nella storia e così trasformarla in luogo di salvezza, di riscatto. Il suo fiat ha consentito all’umanità di spalancarsi a Dio e di dare un nuovo inizio alla storia. Anche noi dobbiamo essere casa e porta che si aprono ad accogliere Dio.

Maria Immacolata non è una donna rassegnata all’esistente, non è passiva. È persona che si mobilita, decide di dire di sì all’Incarnazione, coopera con Dio e non sta a guardare con indifferenza il male che c’è. Reagisce. Collabora alla venuta del Salvatore, principio di una vita nuova, della sconfitta del male e dell’ingiustizia. Anche noi, assieme ai nostri giovani che si stanno preparando al Sinodo, siamo chiamati a collaborare alla venuta di Gesù Cristo. Siamo invitati a consentirne l’incarnazione non solo nei cuori ma anche nelle istituzioni, nelle leggi, negli stili di vita, nella cultura: Egli è venuto a fare nuove tutte le cose.

L’Immacolata, che sta di fronte a noi ci sollecita a generare Cristo nella nostra vita e in quella dei nostri fratelli. Ci invita a essere donatori di Cristo, suoi missionari. La condizione per esserlo è semplice quanto ardua: imparare Cristo e viverlo!

Impariamo, dunque, Cristo! Maria è il luogo dell’incontro tra l’umanità e Dio, la loro alleanza. Generando Dio, la fanciulla di Nazaret è essere per l’umanità. Con la venuta di Cristo germoglia un nuovo umanesimo. Come in Maria, Dio non deve fallire in tutti noi, destinati ad essere santi ed immacolati: giovani o anziani, ammalati o sani, poveri o ricchi. Maria Immacolata preghi per noi!