Omelia per la S. messa con i seminaristi e i propedeuti della Regione

12-04-2018

Cari Rettori, Vicerettori, Superiori, formatori,

cari giovani, propedeuti e Seminaristi, come siete belli agli occhi della Chiesa che è in Emilia-Romagna. Voi siete il volto della Chiesa giovane. Non siete solo promessa, speranza. Siete la certezza che Dio ama la sua Chiesa e la ringiovanisce incessantemente. Siete belli in una duplice maniera. Non solo perché siete giovani anagraficamente, ma soprattutto perché siete tensione verso Dio, eterna giovinezza. Chi più di voi è «profezia di avvenire»?

Voi siete, con l’entusiasmo e l’energia della vostra giovinezza, segni e portatori della forza rigeneratrice di Cristo risorto. Con la sua morte e risurrezione, mediante il dono del suo Spirito, Cristo ha inondato la storia e i popoli con la sua pienezza di Vita e di Amore.

La morte è condannata. Gli apostoli da pavidi diventano testimoni coraggiosi. Intraprendono un’opera superiore alle loro forze. Uomini semplici, e per di più poco istruiti, che avevano passato la loro vita a svolgere professioni umili, forse mai entrati in una città e in una piazza per sostenere un confronto pubblico, come potevano affrontare tutta la terra? Nonostante ciò, si esposero, rischiarono, si misero in marcia, investirono tutto se stessi, partendo da un punto propulsivo unico ed eminentemente generativo: l’esperienza del Risorto. Proprio perché trasfigurati da un simile incontro di luce penetrante, annunziare fu per loro un’urgenza insopprimibile. La loro missione nacque lì. Ed evangelizzarono sino all’olocausto supremo della vita. Paolo, che sarà convertito dallo stesso Risorto, dirà: per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma un obbligo. Guai a me se non annunziassi il Vangelo (cf 1 Cor 9,16).

Colmi della trascendenza piena di vita e di amore di Dio, si sentivano forti, sicuri, corroborati, chiamati a difendere e a promuovere la vita e l’amore in pienezza, secondo le loro molteplici declinazioni. A fronte di tutto ciò che poteva intaccarli, diminuirli, la loro coscienza diventava insofferente, quasi ribelle. Di qui la pronta e netta risposta di Pietro ai sacerdoti del Sinedrio che li rimproveravano di aver riempito Gerusalemme del loro insegnamento: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini» (cf At 5, 27-33).

Il discepolo, che fa esperienza della pienezza di vita e di amore di cui li colma Cristo con il suo Spirito, si schiera dalla parte di Dio che ha risuscitato Gesù e lo ha innalzato alla sua destra come «capo e salvatore». Si impegna a portare ad ogni popolo della terra «conversione e perdono dei peccati». Si oppone a coloro che lavorano a cancellare ogni traccia di Cristo, impressa nelle coscienze, negli stili e negli ambienti di vita, nella cultura, nelle leggi e nelle istituzioni.

Cari giovani, il «bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini», pronunciato con fermezza da Pietro, vale come un’obiezione di coscienza rispetto ad un male grave, comandato ed imposto da qualsiasi autorità o società. È dedizione entusiasta alla Parola, al bene e alla giustizia. Chi ha il cuore inondato dalla pienezza di vita e di amore del Padre, mediante lo Spirito del Figlio crocifisso, è chiamato, nell’attuale società, spesso contrassegnata da individualismo utilitarista e indifferenza reciproca, a generare e a promuovere vita secondo la dignità umana, a costruire solide reti di solidarietà. Le persone co-risorte con Cristo, rese partecipi della sua pienezza di vita e di amore, non possono rassegnarsi a tutto ciò che va palesemente contro un’esistenza libera e responsabile, contro l’amore fraterno. Sono sollecite ad andare controcorrente rispetto: alla soppressione della vita nascente, all’eutanasia, all’abolizione della libertà religiosa, alla guerra di aggressione. Rifiutano l’ideologia del gender (cf secondo capitolo Amoris Laetitia), tutte le schiavitù che umiliano la dignità umana, la tratta di esseri umani, la disoccupazione, la corruzione, l’illegalità, le sperequazioni, la violenza, la tecnocrazia, l’inquinamento. La coscienza del credente, nella comunione col Risorto, viene raffinata. La sua percezione del vero, del bene e del bello è resa più acuta. Si trova, per conseguenza, a disagio in una società che perde il senso e la rotta del percorso. Sono sempre attuali e pungenti le osservazioni di Kierkegaard circa la superficialità intorno alle questioni profonde: «La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più circa la rotta ma circa quello che mangeremo domani». Si bada al menu e poco alla rotta. Ci si cura prevalentemente dell’oggi e poco del senso direzionale. Si strilla da ogni pulpito per dare importanza, con il volume della voce, e la potenza dei mass media, alle cose secondarie. Il funzionale e lo strumentale sono contrabbandati per l’essenziale e il fondamentale. Manca su tutto una visione alta e trascendente dell’uomo e della vita. La politica si riduce spesso a spettacolo, a riti. Il profitto assurge a divinità. Tutto appare in funzione delle emozioni, del frammento parcellare.

In un mondo che ci trascina verso i gorghi della solitudine e del pessimismo, nonostante la sovrabbondanza delle comunicazioni, la Chiesa, proprio perché fondata sulla pienezza di vita e di amore, che è Cristo risorto, ne diviene naturalmente e strutturalmente annuncio. Non può che essere un sì gioioso per tutto ciò che è vero, buono e bello, positivo. Annunciando Cristo, Signore della vita, Amore pieno di verità (Caritas in veritate), educa spontaneamente ad una esistenza vera, spogliata da artificialità, generatrice di perenne giovinezza. I credenti non devono essere solo gli specialisti della denuncia, del no, quanto piuttosto i cultori di ciò che costruisce una società più fraterna, giusta e pacifica. In quanto radicati nell’evento della Risurrezione, e contemplativi del sommovimento che essa pone in essere nell’universo, devono essere coscienti che l’evangelizzazione non avviene principalmente mediante organizzazione o programmazione – seppur strumenti necessari – ma per contagio, per attrazione, non per costrizione.

Cari giovani, desiderate essere protagonisti di una nuova evangelizzazione nella Regione a cui appartenete? Occorre sperimentare quotidianamente, con occhi che vedono in profondità, con la dolcezza del cuore, la bellezza e la potenza dello Spirito del Risorto. Diventate voi stessi una «bella notizia» per i vostri fratelli e sorelle! Siate «Chiesa del Risorto»! Potrete essere perennemente giovani, quanto lo è e sarà la vostra esperienza di fede!