OMELIA per la GIORNATA MONDIALE della PACE (1 GENNAIO 2015)

Faenza, Basilica Cattedrale - 1 gennaio 2015
01-01-2015
Nell’ottava di Natale la liturgia celebra il mistero della Maternità divina di Maria, come conseguenza dell’incarnazione del Figlio di Dio. Maria fu elevata alla dignità divina per una grazia personale dei meriti della redenzione Gesù Cristo. Se Maria è Madre di Dio, anche l’uomo può essere elevato alla dignità di figlio di Dio; figli tutti dell’unico Padre che è nei cieli, quindi tutti fratelli. È qui la radice della pace e dell’uguaglianza di tutte le persone umane, che hanno la stessa dignità.
 
La preghiera per la pace quindi ben si addice al mistero di oggi, e anche al tema che il Papa ha dato al suo messaggio: Non più schiavi, ma fratelli.
Abbiamo sentito nella prima lettura le parole con le quali si invocava la benedizione sui figli di Israele, ponendo il nome di Dio su di loro. Porre il nome di Dio invocandolo  stava ad indicare che il popolo era protetto da Dio stesso. Ma S. Paolo ci fa notare che dopo la nascita di Cristo, se accogliamo lo Spirito di Dio siamo figli di Dio: “Quindi non sei più schiavo, ma figlio”.
 
Questo cambiamento nella natura umana nel suo rapporto con Dio ha una conseguenza nella relazione tra gli uomini, che S. Paolo ha richiamato nella lettera a Filemone, ricordata dal Papa. Filemone era un cristiano che aveva uno schiavo. Questi era scappato e si era rifugiato da Paolo. Paolo, dopo averlo guidato alla fede, lo rimanda dal suo padrone con questo avvertimento:  (Te lo rimando) “non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo”.
 
Deve essere chiaro che l’uguale dignità di tutti gli uomini è radicata nella natura umana nella quale tutti nasciamo; ma con il peccato l’uomo subito ha introdotto la violenza tra i fratelli, cominciata tra Caino e Abele e mai del tutto fermata.
 
Scrive il Papa: “Il Figlio di Dio è venuto per rivelare l’amore del Padre per l’umanità. Chiunque ascolta il Vangelo e risponde all’appello alla conversione diventa per Gesù fratello, sorella e madre, e pertanto figlio adottivo di suo Padre”. Questo però non avviene in modo automatico, ma con l’adesione dell’uomo a Cristo nella libertà personale.
 
Ma prima di accogliere nei rapporti sociali la piena dignità di ogni uomo, a lungo è stata accettata la schiavitù  preso tutti i popoli. Questa del resto aveva una funzione sociale come sostegno all’economia generale, e per questo era regolata dal diritto.
 
Oggi invece non ha più ragion d’essere, ed è stata formalmente abolita. Eppure, nonostante questo, scrive ancora il  Papa “ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”.
 
E di seguito fa un elenco di queste situazioni: lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori del lavoro; molti migranti; persone costrette a prostituirsi, compresi i minori; traffico e mercato per l’espianto di organi; bambini soldato; rapiti e prigionieri dei gruppi terroristici.
 
Quali sono le cause di queste forme di schiavitù?
Alla radice c’è una concezione della persona umana, che viene considerata come oggetto e trattata come mezzo e non come fine. Poi ci sono della cause oggettive come la povertà, il sottosviluppo, la mancanza di lavoro, la corruzione, i conflitti armati…
 
Come si può reagire a tutto questo?
Occorre un impegno comune, per sconfiggere una indifferenza generale. Sono certamente encomiabili le famiglie religiose che soccorrono le schiave del sesso e cercano di riabilitarle in vista di un reinserimento nella società. Ma occorre anche l’impegno delle istituzioni contro lo sfruttamento delle persone.
 
Il Papa poi mette in evidenza una possibile responsabilità personale dei consumatori, ricordando che “acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. E precisa ulteriormente: “Chiediamoci come noi ci sentiamo interpellati quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone”. E conclude il suo messaggio con un appello: “Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama ‘questi miei fratelli più piccoli’ “.
 
Questo appello che il Papa rivolge a tutti gli uomini di buona volontà deve essere accolto con particolare convinzione dai discepoli del Signore. Tutta la storia della redenzione cristiana è una storia di liberazione, che parte dall’essere sciolti dalle catene del peccato personale, ma deve arrivare anche alle conseguenze nella vita della comunità degli uomini. Non si tratta solo di coerenza, ma di diffusione del messaggio del Vangelo a cominciare dall’annuncio natalizio della pace.
 
Otto giorni dopo la nascita, nel rito della circoncisione, al bambino di Maria fu messo nome Gesù: il Salvatore. È lui che sostiene la speranza del mondo, insieme al nostro piccolo impegno nel superare l’indifferenza e l’egoismo, per far crescere nel mondo la fraternità e la pace. Ci accompagni in questo Maria, Regina della pace.