Omelia per la Festa della Madonna detta ‘Bianca’

12-02-2018

O Dio, nella Vergine Maria, abbiamo pregato nella Colletta, ci hai donato le primizie della creazione nuova.

Vorremmo oggi trovare il senso-guida della nostra celebrazione in questa affermazione.

Eccellenza Mons. Stagni, Mons. Roberto Brunato, cari fratelli, cari Formatori, caro signor economo prof. Versari, cari amici ex-allievi, festeggiare Maria con il titolo di Madonna Bianca, patrona del Seminario vescovile Pio XII di Faenza e della Comunità propedeutica residenziale di Romagna, non ci porta lontani da ciò. Al contrario. L’avere come patrona colei che è l’Immacolata, ossia Colei che è creatura concepita senza macchia di peccato, e in cui albeggia la nuova creazione che il Figlio è venuto a realizzare su questa terra, ci immette direttamente entro una simile prospettiva. È invito a raccogliere una sfida decisiva, che segna la propria esistenza. Lo stesso discernimento, metodo che coinvolge tutti, come singoli componenti e come comunità formatrice, non può non focalizzare obiettivi di vita alti, in linea col forgiare una nuova umanità, secondo la misura spirituale e morale di Colei che ha desiderato essere Madre di Cristo, Nuovo Adamo.

Guardando alla Madonna Bianca, alla sua mirabile maternità, si viene subito spronati a porsi a servizio di una nuova creazione, di una rivoluzione pacifica. La propria esistenza non può che essere pensata se non in termini di vocazione, missione, diakonia, dedicati alla realizzazione di persone divinizzate, cristoconformi.

Cari giovani, di fronte a queste prospettive, siete sospinti a vivere intensamente, pervasi da una gioia creatrice, all’insegna del vero, del bello e del buono. Il vostro impegno di discernimento e di crescita andrà precisandosi in maniera analoga al programma di vita di san Paolo: «Guai a me se non evangelizzo» (1 Cor 9, 16). Nel trascorrere i vostri giorni qui, presso il Seminario di Faenza, dovete sentirvi convocati da Dio, dal suo amore, per conoscere voi stessi come protagonisti di una nuova creazione. Il vostro motto deve diventare: Guai a me se non entro in me stesso e, con l’aiuto di Colei che è Immacolata, ossia totalmente di Dio, non mi riconosco come figlio di Dio, e non mi prendo in mano in certo modo, decidendo di pormi coraggiosamente a servizio di una nuova umanità cristoconforme, che deve compiersi in me e nei miei fratelli, nelle comunità della mia Diocesi. Se sceglierete una così entusiasmante missione il vostro motto si specificherà così: Guai a me se non amo Cristo; guai a me se non lo conosco di più e non lo vivo; guai a me se non aiuto i miei fratelli e sorelle ad essere protagonisti della nuova creazione; guai a me se non educo conducendo le persone a Cristo perché lo incontrino e lo amino.

Il vostro futuro, sin dal Battesimo e dalla Confermazione, è legato a grandi progetti ed orizzonti. Siete chiamati a vivere coi sentimenti di Cristo e a respirare con i suoi polmoni. Ma bisognerà, inoltre, capire se siete chiamati a far parte di un Cenacolo di discepoli che, infiammati d’amore, impersoneranno, nelle vostre Diocesi, Cristo stesso, mentre perdona, mentre compie il suo sacrificio di morte e di risurrezione, e con ciò costruisce la Chiesa, crea comunione, per la rigenerazione dei fratelli, perché abbiano vita in abbondanza.

Solo chi contempla cose grandi è capace di nutrire sogni audaci, può accompagnare i giovani e i propri fratelli e sorelle sui sentieri della Gioia. Solo l’immenso amore di Dio Padre, accolto nel proprio cuore, brucia il male che è anche nel cuore dei pastori, purifica le intenzioni, scioglie il cuore da legami di ripiegamento su di sé, consente di presentarsi al mondo come persone felici, operai gioiosi, che profumano di Cristo. È l’amore per Gesù Cristo sopra ogni cosa che rende missionari. È il suo Spirito che ci trasforma in servi premurosi e disinteressati, in artefici di una nuova primavera.

Cari giovani e formatori, preghiamo la Madonna Bianca perché ci aiuti a vivere come una comunità di discepoli che nella preghiera e nello studio si dispone ad accogliere sempre più Cristo, per poterlo annunciare e testimoniare in maniera credibile. Una comunità di discepoli che credono nella missione di una nuova creazione non può non essere unita. In vista di ciò, occorre anche «gareggiare nello stimarsi a vicenda» (cf Rm 12,10).

Nella grande ed universale preghiera, che è l’Eucaristia, esprimo, in unione con gli altri vescovi della Romagna, il mio grazie riconoscente al Rettore don Michele Morandi, al vice-rettore don Mattia Gallegati, al padre spirituale don Ottorino Rizzi, a tutti coloro che dedicano il meglio di sé alla Comunità propedeutica, che come un giardino fa germogliare i semi. Siamo tutti, come Maria, terra nuova in cui fiorisce la giustizia. Siamo acqua trasformata in vino per la gioia di tutti i commensali della terra (cf Gv 2, 1-11), affinché il nostro essere umano sia perfezionato col divino, strutturato sempre più in maniera trinitaria.