Omelia per la Domenica di Pasqua 2017

16-04-2017

In questo giorno di Risurrezione Dio libera l’umanità dalla schiavitù, apre le porte ad una storia di libertà e di conquista del bene, di immortalità.

Con la risurrezione del Figlio stabilisce per ciascuno di noi un futuro di vittorie sul male, di piena comunione con Lui. La luce che sfolgora il mattino di Pasqua non è semplicemente la luce del sole o di una stella luminosissima. È Cristo, risorto dai morti, l’Uomo Nuovo. Chi, mediante la fede, partecipa alla sua lotta contro il male e alla sua vittoria sulle tenebre, costituisce, con Lui, un popolo nuovo: il «popolo di Dio», che cammina nel tempo e combatte le potenze nemiche della Luce vera.

In questi giorni i grandi della terra manifestano il proposito di realizzare un mondo pacifico tra insulti reciproci, con la violenza, l’uso di armi chimiche, sganciando la bomba Moab, «madre di tutte le bombe»; imboccando, addirittura, la strada della guerra nucleare. Dio, nel suo Figlio, segue un’altra via, quella della nonviolenza, che non è passività bensì netta opposizione al male col bene, costruzione di una umanità alternativa, non con mezzi «carnali», bensì spirituali, come soleva definirli Jacques Maritain.

In questa giorno che annuncia, con la risurrezione di Cristo, la nascita di una nuova umanità, trasformata dallo stato di non-popolo in popolo santo, fatto di sacerdoti, acquistato e radunato da Dio Padre, pensiamo ad accelerare il passo sulla costruzione di un mondo più pacifico. La comunità che nasce da Cristo e dal dono del suo Spirito porta i connotati di un popolo in marcia, determinato a combattere ogni forma di male, di disumanizzazione, di ingiustizia, di sfruttamento, di schiavitù fisica, morale e spirituale. Cristo, a differenza di quanto ritengono i benpensanti di oggi, non corrompe e non indebolisce l’uomo, bensì lo corrobora, perché gli dona Dio e, quindi, la Sua capacità di volere e di attuare il vero e il bene, di lottare contro l’iniquità.

La croce su cui sale Gesù non è segno di sottomissione al male, non è resa al peccato, bensì dimostrazione di una volontà tenace di combatterli, sino alla fine. Alla croce del Figlio, momentanea vittoria del male, risponde la potenza del Padre che lo libera dalla corruzione del sepolcro. Il Risorto trascina con sé l’umanità sin sulla sponda dell’immortalità. Vale la spesa, allora, combattere per cambiare il mondo. Il fine della vita non è l’infelicità terrena, bensì il dono di sé, per guadagnare una felicità senza limiti, peraltro parzialmente anticipata in questo mondo. L’ideale dei credenti non è una vita umana anemica. È vivere Cristo, possedere la sua capacità di contrastare e di battere il male col bene, la sua forza di perdonare, di sconfiggere l’egoismo, la tirannide degli idoli, la sete di potere e di dominio sull’altro.

In questo giorno glorioso, foriero di speranza e di nuove frontiere, preghiamo per la Chiesa intera. Sia nel mondo popolo nuovo, luce che attinge fulgore dalla Luce vera. Preghiamo per la nostra Chiesa che è in Faenza-Modigliana, perché sia comunione-comunità quale sale e lievito di tutte le attività umane e della società. Preghiamo per i giovani delle nostre comunità parrocchiali, delle nostre associazioni e dei nostri movimenti: accolgano il Risorto e così vivendo Lui diventino protagonisti del prossimo Sinodo dei giovani già indetto a Fusignano lo scorso 8 aprile per tutta la nostra Diocesi. Noi riusciremo a capire cos’è, i suoi obiettivi, quanto più ci metteremo alla scuola di Gesù che muore e risorge. Diventando, con la sua incarnazione, uno di noi, ha sostituito il nostro cuore di pietra con un cuore di carne, affinché possedessimo il suo Spirito d’amore e così formassimo un cuor solo ed un’anima sola, l’unità di un popolo. Egli si è posto a capo di un’umanità in cammino verso condizioni più umane, verso una liberazione integrale e il compimento in Lui.

Solo vivendo il Risorto i nostri giovani saranno costruttori della comunità ecclesiale e di una società più fraterna, giusta e pacifica. La Risurrezione trasforma l’uomo, innesca dinamismi nuovi,  costituisce un nuovo modo di vedere, di sentire, di operare, di operare, di amare.

Nelle nostre parrocchie, associazioni e movimenti attende, allora, un cammino di approfondimento della fede. Come insegna Giovanni nel suo Vangelo (cf Gv 28, 1-10), essa nasce da «segni», che bisogna decifrare. Va aumentata, coltivata giorno dopo giorno. Essa non è solo un insieme di nozioni, bensì intimità sperimentata con l’Inviato dal Padre, vita offerta a Lui, non trattenuta, annuncio e comunicazione di Lui. I nostri giovani hanno bisogno di modelli. Potranno crescere come protagonisti di una nuova primavera nella Chiesa se i christifideles adulti saranno in grado di accompagnarli, di essere capaci di una testimonianza credibile, di dire a tutti, in ogni ambito della vita quotidiana, con la loro stessa esistenza, che Cristo è risorto! Non abbandoniamo i giovani a se stessi o, peggio, non sviamoli, non imbottiamo la loro mente di false visioni dell’uomo. Offriamo a loro soprattutto Gesù Cristo risorto, primizia di una nuova umanità e del cosmo rinnovato.

Per preparare il Sinodo dei giovani ripartiamo dalla Pasqua! Essa ci testimonia che l’uomo nuovo è possibile. La Pasqua fa della vita una festa continua ed è condizione per ogni persona di sentirsi veramente libera e responsabile, protesa verso un futuro di speranza.  È in comunione con il Risorto che potremo rianimare il cuore e risvegliare il coraggio della nostra Chiesa. La risurrezione è il vero nucleo della fede e della predicazione: «se Cristo non è risorto, vana è la nostra predicazione e vuota la nostra fede» (1 Cor 15,14).