OMELIA per la CHIUSURA della FASE DIOCESANA del processo di beatificazione e canonizzazione del S.d.D. DANIELE BADIALI

Faenza, Basilica Cattedrale - 19 ottobre 2014
19-10-2014
Quando si è trattato di scegliere una data per la chiusura della fase diocesana del processo per la causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Daniele Badiali, presbitero di questa Chiesa di Faenza-Modigliana, è sembrata bella la coincidenza con la Giornata Missionaria Mondiale, avendo egli speso i pochi anni del suo ministero presbiterale nella missione dell’OMG in Perù. 
 
Quest’oggi ci troviamo a celebrare l’Eucaristia nella ricorrenza anch’essa assai significativa dell’anniversario della Dedicazione di questa chiesa cattedrale. In altre parole viviamo nella liturgia la realtà misteriosa della Chiesa locale, mentre compiamo un passo importante per un figlio eletto di questa Chiesa per il quale chiediamo il riconoscimento della santità di vita. Si tratta di un percorso ancora lungo, ma  Intanto oggi consegniamo con fiducia alla Chiesa il lavoro compiuto in questi anni per raccogliere le testimonianze, la documentazione e le prove perché si possa riconoscere il grado eroico delle virtù nella vita di P. Daniele e forse anche il martirio.
 
La chiesa di pietre è il simbolo della Chiesa di pietre vive, che siamo noi e ci ricorda la Chiesa gloriosa, la nuova Gerusalemme nostra madre. Il pensiero della Casa del Cielo dove Cristo si trova glorioso con tutti i suoi Santi ci è particolarmente caro questa sera, convocati dal Servo di Dio Daniele, che presto speriamo di poter invocare tra i Beati e tra i Santi.
 
Il breve rito che verrà compiuto alla fine della Messa davanti al popolo di Dio è un gesto profondamente ecclesiale. È iniziato da una decisione della nostra Chiesa, che ha coinvolto altre Chiese, in particolare dove P. Daniele è vissuto ed è stato ucciso. Hanno collaborato tante persone che con le loro testimonianze hanno illustrato la vita di fede, speranza e carità del Servo di Dio, mentre gli esperti hanno raccolto documentazioni e prove a questo riguardo, in particolare sulle circostanze della sua morte cruenta. Ora tutto questo viene affidato agli organismi competenti della Chiesa che lo valuteranno per arrivare, come auspichiamo, al riconoscimento della santità e, se Dio vorrà, alla beatificazione e canonizzazione di P. Daniele.
 
L’impegno da parte nostra non è terminato. Si tratta infatti di conoscere e far conoscere il Servo di Dio, di imitarne gli esempi virtuosi, soprattutto da parte dei giovani, e pregare per la sua glorificazione qui in terra. Da questa infatti ci attendiamo un forte incoraggiamento alla Chiesa del nostro tempo per portare ai poveri il lieto annuncio dell’amore di Dio.
 
Il profeta Isaia nella prima lettura ha annunciato l’apertura della casa di Dio a tutti i popoli; in essa tutti potranno offrire i loro sacrifici e olocausti, “perché si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”. Di fronte ad una prospettiva così chiara, non stupisce che soprattutto i giovani che vengono a conoscenza di ampie parti del mondo dove gli uomini non sono riconosciuti nella loro dignità cerchino di fare qualcosa di concreto perché tutto questo possa cambiare. I poveri diventano così un richiamo e nello stesso tempo l’occasione per una conversione vera verso Dio. Non li si può infatti ingannare con altre illusioni; tutti si devono sentire “non più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio”.
 
Il progetto di Dio che ha preparato il giovane Daniele alla missione comincia nel cuore della sua famiglia e della sua parrocchia, nelle esperienze di carità della Chiesa locale dove ha trovato i primi contatti con i poveri e i sofferenti, fino all’incontro con le iniziative dell’Operazione Mato Grosso. Possiamo serenamente riconoscere che fu quello il sicomoro sotto il quale Daniele fece l’incontro con Gesù che gli cambiò la vita. Del resto il Signore continua a preparare per i suoi eletti degli agguati, che diventano l’occasione per cambiare vita.
 
Nella vicenda missionaria di P. Daniele si possono mettere in evidenza due aspetti che oggi ci sembrano particolarmente significativi: una scelta chiara di attenzione alla missione universale nel portare il Vangelo ai poveri sulla Sierra in Perù, e nello stesso tempo un legame profondo con la Chiesa locale di appartenenza, tramite il Vescovo Tarcisio Bertozzi che lo aveva ordinato e mandato in missione.
 
Il Concilio aveva detto: “Ricordino i presbiteri che a essi incombe la sollecitudine di tutte le chiese” (PO, n.10). Questo nell’obbedienza filiale al proprio vescovo, al quale P. Daniele scriveva: “Sento che il mio cammino futuro dipende prima di tutto da Lei che rappresenta la Chiesa alla quale appartengo”. E ancora: “So che non sono solo e soprattutto in questi anni sto scoprendo la gioia di avere una Chiesa per madre che ti accompagna” (pag.85). La missione si sviluppa nel rapporto leale tra le Chiese, perché tutti siamo “edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti”, segni e strumenti dell’unità visibile nella Chiesa.
 
L’obiettivo della ricerca sulla vita di P. Daniele è stato mostrare che egli ha vissuto, direbbe il Papa San Giovanni Paolo II, “la misura alta” della vita cristiana. La morte precoce e drammatica, conseguenza di un gesto esplicito di carità, ha fatto luce sulla vita di P. Daniele, mostrando come sia stata spesa con generosità nel ministero e nell’aiuto ai poveri. Se Zaccheo ha potuto dire a Gesù: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri”, P. Daniele può dire di aver dato tutta la sua vita per loro. 
 
Il suo impegno nella missione era far conoscere Gesù. Con quanta sofferenza arrivava a dire: “Gesù non interessa a nessuno…”. E ancora: “Eppure constatando che Gesù non interessa… mi ritrovo col solo desiderio di cercare Gesù e di obbedire alla sua volontà”. E sarà con il santissimo nome di Gesù sulle labbra che la morte lo coglierà per mano dei suoi uccisori.
 
Gesù è il dono che il Servo di Dio Daniele Badiali intende continuare a far conoscere, a far amare e a far servire, perché è solo così che l’uomo di oggi confuso e ingannato può ritrovare la via della salvezza.
 
Le vie della conversione che P. Daniele ha percorso sono la carità e la croce. La carità rende liberi per donare tutto ai poveri, come Gesù chiede a coloro che lo vogliono seguire. È la via maestra che anche P. Daniele ha percorso fino in fondo e che ora lascia a noi come una consegna e una promessa. Se il nostro mondo malato vuole trovare la vita, questo giovane presbitero della nostra Chiesa ripropone il cammino del Signore Gesù: la croce e l’amore fino alla morte.
 
In questa giornata benedetta della nostra Chiesa cogliamo un altro dono nella beatificazione del Papa Paolo VI, il papa che ha completato il Concilio e ne ha accompagnato la prima realizzazione. Di questo Papa ci piace oggi ricordare soprattutto l’Enciclica Popolorum progressio, sullo sviluppo dei popoli, dove si legge: “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo” (n.14). P. Daniele questo lo aveva capito: lo scopo della sua missione era portare Dio alla sua gente. Scriveva: “I poveri non sono diversi dai ricchi, cambiano le situazioni, ma il nocciolo rimane identico, o metti Dio al primo posto della tua vita, o lo rifiuti” (pag. 158). Lo sviluppo integrale dell’uomo non poteva avvenire senza Dio.
 
A ricordo di questa giornata e come richiamo alla sostanza del messaggio di P. Daniele verrà piantata davanti alla chiesa del Ronco la croce che i giovani hanno portato a spalla fino qui. Ci dice ancora P. Daniele: “Senza la sofferenza non c’è gioia, senza la Croce non c’è luce, senza la morte non c’è vita” (pag. 280).
Amen