OMELIA per il XXV di episcopato di Mons. STAGNI

07-05-2016

La festa liturgica della B.V. delle Grazie è impreziosita quest’anno dalla presenza di un gruppo di persone anziane o ammalate che celebrano il Giubileo della Misericordia e dal 25° anniversario dell’Ordinazione presbiterale di don Massimo Goni e dell’Ordinazione episcopale del sottoscritto. Tutte circostanze che danno una particolare intonazione a questa celebrazione eucaristica, concelebrata dal Vescovo Mario e da molti presbiteri della Diocesi, che ringrazio.

Saluto gli anziani e gli ammalati presenti e ringrazio l’Unitalsi diocesana per l’organizzazione del pellegrinaggio. Avete passato la Porta santa, segno del vostro ingresso all’incontro con il Signore nell’Eucaristia per ricevere il dono della misericordia di Dio, e poter uscire perdonati e confortati nel vivere quotidiano. Nell’Eucaristia offrite al Padre della misericordia il ringraziamento per il dono della vita e chiedete l’aiuto per viverla con le sue gioie e i suoi dolori.

Il pellegrinaggio degli anziani e ammalati insieme alla ricorrenza venticinquennale di una ordinazione presbiterale e di una episcopale, mi suggerisce l’attenzione al dono del sacerdozio dei fedeli e del sacerdozio ministeriale, e di considerare il rapporto dell’uno con l’altro.

È una relazione dove ognuno ha bisogno dell’altro, e dove insieme ci troviamo davanti al Padre del Cielo per presentargli il Sacrificio di suo Figlio. Possiamo dire tutti insieme con le parole della seconda Preghiera eucaristica: “Ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. Ci ricorda infatti il Concilio che il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale, quantunque differiscano essenzialmente, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo (LG, n. 10). 

Carissimi fedeli laici, soprattutto voi che portate nelle membra i segni della croce, con la vostra partecipazione all’Eucaristia esercitate la grazia del sacerdozio comune dei fedeli e adempite quello che ci ricorda ancora il Concilio: “Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le sofferenze della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo; nella celebrazione dell’eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore” (LG, 34).

Oggi siamo insieme in questa Cattedrale fedeli laici e presbiteri, per una Eucaristia che ci unisce oltre che nella celebrazione del sacramento, nella venerazione della Vergine delle Grazie.

Il Vangelo ci ha raccontato di Gesù, invitato con i suoi apostoli ad una festa di nozze dove era già presente sua Madre. Durante questa festa Gesù compie il primo dei segni del Regno e manifesta la sua gloria. La presenza di Gesù è sempre positiva ed efficace, perché lascia il segno; a noi resta il compito di riconoscerlo nella fede.

È bello pensare che a Cana di Galilea sia stata la Madre di Gesù a farsi tramite per estendere l’invito alla festa anche a Gesù e ai suoi discepoli. Maria porta sempre a Gesù, e anche oggi nella nostra Cattedrale si fa Madre di misericordia e ci chiama attorno a Gesù nell’Eucaristia.

Maria c’è non solo alla festa di nozze, quando cerca di coinvolgere suo Figlio per risolvere un problema, ma c’è anche quando, dopo l’Ascensione gli apostoli e gli amici rimasti si ritrovano nel Cenacolo in attesa dello Spirito santo. Si tratta di un momento molto delicato: Gesù è asceso al Cielo e non c’è ancora la presenza dello Spirito santo; i seguaci di Gesù sono ridotti al minimo. L’aspetto positivo è che sono rimasti fedeli al luogo dove tutto ha avuto inizio, il Cenacolo, e si trovano qui insieme nella sala al piano superiore e aspettano nella speranza.

È una piccola comunità nella sofferenza; gli apostoli vengono ricordati per nome, ma ne manca uno; vi erano alcune donne e la Madre di Gesù e i fratelli di Lui. Da questo piccolo resto si può ripartire. Sono pochi e poveri, uniti con la Madre nella preghiera; e così li troverà lo Spirito santo nella Pentecoste per mettere la Chiesa di Cristo in cammino nel mondo e nella storia.

È Maria che unisce la vicenda di Cana con quella del Cenacolo e ci invita ad avere fede nella potenza messianica del Figlio.

A ben guardare a Cana di Galilea Gesù non poteva sottrarsi dall’intervenire, perché aveva davanti una situazione di sofferenza che a noi può sembrare piccola, ma per gli interessati poteva essere grave. E Gesù, che era venuto per la gioia dei suoi fratelli, non dice che questo non lo riguarda, ma che non è ancora giunta la sua ora, quell’ora nella quale avrebbe redento ogni male. Il suo intervento miracoloso infatti diventa un segno che rimanda in qualche modo a quell’ora.

Noi oggi ci troviamo nella situazione in cui Gesù ha già vissuto la sua ora nella morte e risurrezione. Nell’Eucaristia noi la stiamo vivendo ancora una volta come sacramento per il ministero del sacerdozio ordinato. E la comunione tra fedeli laici e presbiteri che viviamo nel mistero, chiama tutti alla stessa santità, pur camminando ognuno per la via della propria vocazione.

Celebriamo quindi la ricorrenza giubilare dell’ordinazione presbiterale e di quella episcopale con animo grato al Signore, chiedendo che non faccia mai mancare alla nostra Chiesa i ministri necessari per la vita del popolo cristiano chiamato a testimoniare Cristo e il suo Vangelo.

Quando Cristo è venuto nel mistero dell’Incarnazione, ci ha detto S. Paolo, ha riempito il tempo con la sua eternità, santificando ogni ora e ogni stagione.

Da sempre la Chiesa prega a tutte le ore, perché il tempo è di Dio. Anche nella scansione degli anniversari e delle scadenze più significative è bello ricordarsi del Signore, Principio e Fine, Alfa e Omega, perché a Lui appartengono il tempo e i secoli.

A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno Amen.