Omelia per il Mercoledì delle Ceneri

14-02-2018

«Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2, 12-18), «[…]il Signore si muove a compassione del suo popolo».

Per incominciare il nostro itinerario quaresimale, la Chiesa ci fa riflettere sull’invito del profeta Gioele. Si tratta di un invito che noi accogliamo per partecipare più intensamente all’opera mediante cui Gesù Cristo, con la sua morte e risurrezione, crea una nuova umanità, pone in essere una nuova creazione, inizia una nuova storia. Per noi, già battezzati e cresimati, ossia persone che hanno beneficiato della morte e risurrezione di Cristo, nonché del dono del suo Spirito d’amore, ritornare al Signore con tutto il cuore significa riaccettare con più determinazione quello che siamo divenuti grazie ai sacramenti, ovvero persone che vivono nel Figlio di Dio e anelano ad esse come Lui, cristo-conformi. Significa impegnarsi di più nell’annuncio di Cristo, nell’educazione alla fede, nell’esercizio della carità verso gli ultimi, nell’animazione cristiana del dialogo pubblico, delle realtà terrene come la famiglia, il lavoro, l’economia, la politica, i mezzi di comunicazione sociale, la cultura, l’ambiente. La carità che contrassegna e permea tutta la vita del credente mette di fronte ad importanti sfide quotidiane: il dramma dei giovani disoccupati e degli esclusi dal mondo del lavoro; le famiglie, provate dalla precarietà, dalla povertà e dalla fragilità dei legami, oggi meno protetti; il calo demografico e la debole difesa della vita dall’inizio alla fine del suo percorso; il forte bisogno di sostegno per tutti i luoghi educativi civili o ecclesiali per i ragazzi e i giovani, soprattutto la scuola; i servizi ai malati e agli anziani; l’accoglienza regolamentata e l’integrazione dei migranti.  

Il pianto per i peccati, il digiuno, la preghiera, l’elemosina, la richiesta sincera di perdono, a cui siamo invitati, in modo speciale in quaresima, sono finalizzati a restituire a Dio non solo singoli credenti, bensì un popolo, che non vive lontano da Lui, che non è indifferente nei suoi confronti, ma assume più decisamente il compito di essere umanità nuova, in comunione con Lui. Senza questa comunione ci si indebolisce, si scolorisce, si è ininfluenti, si è a rimorchio delle mode, del nulla.

Tutti sono chiamati a ritornare nell’abbraccio del Signore: piccoli e grandi, giovani ed anziani, laici e sacerdoti, singoli e comunità. La quaresima va vissuta, dunque, come evento comunitario, come conversione di popolo intero. Dev’essere reso più visibile e chiaro che noi siamo adunati dall’amore di Dio, un amore che rinnova le energie spirituali di tutti, la capacità di leggere la realtà, di essere presenti come gente che inizia processi di rinnovamento, di miglioramento dei metodi, di cambiamento delle condizioni sociali, legislative e culturali, cominciando – non dimentichiamolo – da una nuova evangelizzazione del sociale e da una corrispettiva nuova azione pastorale.

Il segno austero delle ceneri, mentre è un monito severo sulla radicale fragilità della nostra esistenza terrena, è sollecitazione a vivere, con più autenticità e coerenza, la nostra identità, la nostra vocazione e la nostra missione: essere di Cristo, testimoniarlo, partecipando alla sua opera di trasfigurazione delle persone e delle cose mediante l’Amore trinitario riversato nei nostri cuori.

Nonostante che abbiamo imparato a conoscere il Cristo, e spesso l’abbiamo ascoltato, istruiti dal suo Spirito di verità, non siamo del tutto esenti dai comportamenti dell’uomo vecchio, che si adagia sull’abitudinario, che si corrompe seguendo pensieri vani, passioni ingannevoli, superbia, autosufficienza tronfia, sprezzante del bene e dei fratelli, purché trionfi il proprio puntiglio. Non abbiamo mai finito di auto-educarci e di crescere, secondo la statura morale e spirituale di Gesù Cristo. C’è bisogno di una conversione e di una purificazione incessanti, specie nelle relazioni interpersonali. Devono scomparire asprezze, sdegno, ira, grida e maldicenza con ogni sorta di malignità. Dobbiamo essere benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandoci a vicenda, come Dio perdona a noi.

Come in ogni quaresima, siamo sollecitati a farci imitatori di Cristo, camminando nella carità, nel modo in cui Egli ci ha amati e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (cf Ef 5, 1-2). Il percorso quaresimale ci sollecita a salire non solo il Golgota, ma specialmente la montagna che è il Signore Gesù, passando attraverso la lotta al peccato e la nascita ad una vita nuova. Il nostro guadagno ultimo dev’essere Cristo stesso, innalzato sul mondo, con le braccia spalancate, segno di dono totale, a tutti. Tanto più ci libereremo dalle tenebre e ci comporteremo come figli della luce, tanto più saremo popolo nuovo, capace di essere lievito nel mondo. Il combattimento spirituale, il digiuno, la preghiera, non sono fini a se stessi, un’ascesi che ci trasforma in esseri depressi e tristi. Essi sono per la vita piena, per il suo trionfo, per la Pasqua. Vanno vissuti con amore, per farci crescere nella gioia di essere ancor di più di Cristo, missionari come Lui: il male può essere sconfitto col bene; la morte superata dalla vita, le divisioni vinte dall’amore reciproco.

Nel periodo quaresimale che ci attende, chiediamo allo Spirito del Figlio di sostenerci, affinché quando apriremo la bocca ci sia data la parola per far conoscere con franchezza, senza esitazioni e vergogna, la verità del Vangelo; affinché siamo cultori della comunione fraterna, non a parole ma coi fatti; perché serviamo la Chiesa e le nostre comunità mediante un servizio disinteressato, senza preferenza di persone, non sequestrandole o mettendole al posto di Colui che è fondamento della nostra fede e della nostra unità.