Omelia per il Cinquecentenario della fondazione della Chiesa di S.Maria degli Angeli

16-06-2018

Celebriamo oggi, presenti padre Giampaolo Possenti (Definitore della Provincia S. Antonio dei Frati Minori) e padre Virgilio Andrucci (rettore della Chiesa di santa Maria degli Angeli), i cinquecento anni che ricordano la posa della prima pietra del Convento dell’Osservanza (15 giugno 1518) e di questa Chiesa di Santa Maria degli Angeli (3 ottobre 1518).

Già nel 1519 i Frati minori dell’Osservanza presero in consegna il convento. La Chiesa venne consacrata dal vescovo di Faenza, S. Ecc. Mons. Giacomo Pasi, il 2 dicembre 1525. Vanno senz’altro menzionati i primi benefattori Girolamo Bacchi Della Lega e sua moglie Osanna che finanziarono i lavori di costruzione. Ad essi si deve aggiungere la famiglia Naldi che regalò il terreno per l’orto. Più tardi il cardinale brisighellese Bernardino Spada contribuì a rifacimenti nella Chiesa e ai nuovi arredi della sacrestia. Nel tempo, che vide, fra l’altro, il saccheggio di un gruppo di rivoluzionari alla fine del Settecento, la cessione della Chiesa al Comune, i padri costretti ad abbandonare il convento, il riscatto di quest’ultimo il 4 agosto 1890, specie nel corso del Novecento ci furono tanti altri benefattori, tra i quali: i futuri cardinali Cicognani, lo stesso padre guardiano Clemente Poggiali, il Comune di Brisighella, che ottenne, anni fa, il diritto di superficie per 70 anni su una parte del convento e, non ultimi, gli «Amici dell’Osservanza». Sono stati numerosi gli artisti che con le loro opere hanno impreziosito soprattutto la parte interna della chiesa: il pittore Marco Palmezzano, padre Centofanti, i ceramisti Pietro Melandri di Faenza, Bartoli e Cornacchia brisighellesi, l’artista in ferro battuto Eugenio Baldi, Giuseppe Ugonia, per citare solo i principali.

Ebbene, tutto in questa chiesa ci parla di una fede vissuta in maniera comunitaria, come popolo, piccolo seme che diventa albero grande, sui rami del quale trovano rifugio gli uccelli del cielo. Questa chiesa, ma anche le altre nostre chiese, a cominciare dalla collegiata, sono edificate dalla generosità di molti. Quanti edifici importanti in questa cittadina, fra i più bei paesi d’Italia, incastonati nei pendii e nel territorio circostante, costituiscono per noi un punto di riferimento religioso chiaro, in una società che sembra aver smarrito le sue radici cristiane, provocando disorientamento e perdita di senso.

Dobbiamo, allora, essere grati a tutti coloro che, con il loro amore a Gesù Cristo e a Maria degli Angeli, ai santi che qui veneriamo, hanno desiderato testimoniarci concretamente la loro fede e dirci che il Figlio di Dio abita in una casa, in mezzo alle nostre, per accompagnarci nel pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste. Gesù il Signore è presente nella nostra esistenza, è uno di noi, come noi. È Lui il ramoscello di cedro che, piantato, mette rami e produce benefici per il suo popolo (cf Ez 17, 22-24). È Lui il seme gettato sul terreno che matura chicchi pieni nella spiga (cf Mc 4, 26-34).

I Frati Minori qui presenti ci rammentano l’impegno della famiglia francescana di costruire o di ricostruire non solo le chiese fatte di mattoni, ma le comunità. San Francesco, il loro fondatore, venne invitato dal crocifisso di san Damiano ad andare a riparare la Chiesa in rovina, allora caratterizzata da un clero poco zelante, dallo sfaldamento dell’unità, dalla infestazione di movimenti ereticali. Antonio di Padova, che abbiamo festeggiato pochi giorni fa, inseritosi a Coimbra nel movimento di rifondazione cristiana dei Frati minori, si mosse da Montepaolo, qui vicino, per ri-evangelizzare le comunità cristiane, per estirpare gli errori, per fondare uno Studio francescano a Bologna e contribuire così al radicamento di una cultura cattolica, specie mediante l’istituzione di comunità stanziali. I santi menzionati sono per noi modello nel volere una Chiesa più santa, riformata, in sintonia con i valori evangelici. Quante idee storte stanno annidandosi fra i nostri cristiani a proposito del magistero del papa, delle promesse di obbedienza fatte dai sacerdoti ai loro vescovi, dell’autorità di questi, della natura della Chiesa, della famiglia, della vita, a partire dal seno materno sino alla morte. E mentre abbiamo bisogno di una fede e di una cultura più forte, per contrastare mentalità e stili di vita contrari all’insegnamento di Cristo, molti dei nostri Seminari e delle nostre istituzioni culturali sono semivuoti o chiusi. Oggi molti sono generosi nei confronti di Associazioni che sono portatrici di visioni anticristiane ma non sono altrettanto generosi con le istituzioni cattoliche. Tutto ciò avrà sicuramente conseguenze negative per la diffusione della fede nei nostri territori.

Tutti, come pietre vive, siamo chiamati a costruire, poggiando sulla pietra scartata dai costruttori, ossia Gesù Cristo, la Chiesa, quale edificio spirituale vivo, compatto, proteso nell’unica missione: annunciare Lui e il suo Regno. In questo cinquecentenario, facendo memoria dei nostri insigni benefattori e del nostro essere chiesa, sperimentiamo la gioia di essere di Cristo. Siamo pietre vive, in comunione con Lui e tra di noi! Nulla ci separi dall’amore di Cristo. Diventiamo per i nostri fratelli vita che si dona e desidera per loro il bene più grande: Gesù Cristo, pienezza di vita. Ma per essere vita, popolo per gli altri, dobbiamo fare esperienza profonda dell’Eucaristia, ove Cristo è corpo dato e sangue versato.