Auguri alla Curia diocesana

23-12-2017

Ringrazio il Signor Vicario generale don Michele Morandi per il quadro pastorale che ha tracciato ricordando le tappe principali del cammino diocesano di quest’anno. In particolare, lo ringrazio per essersi fermato a riflettere sul prossimo Sinodo diocesano dei giovani, con i giovani, per i giovani. Un tale Sinodo è l’occasione per una crescita come chiesa in comunione, sinodale. Il Sinodo dei giovani non concerne solo le nuove generazioni. Riguarda sicuramente i giovani ma anche tutte le altre componenti ecclesiali. Tutti nella comunità sono chiamati a partecipare al Sinodo dei giovani e a dare il proprio contributo specifico.

Il saluto che rivolgo alla Curia in questa occasione intende ruotare attorno a quattro brevi nuclei: a) avere occhi che sanno vedere in profondità; b) crescere nell’ardore, nella passione per Cristo, per la sua causa, aumentando la letizia di essere suoi; c) un’immagine di speranza; d) un ringraziamento a tutti.

  1. Avere occhi che sanno vedere in profondità

Le nubi piovano il Giusto, la terra si apra e germogli il Salvatore”. È l’auspico di una delle antifone delle lodi di questa mattina.

È Dio che compie prodigi in noi e nel mondo. È Lui che salva.

Ogni Natale siamo invitati ad accoglierlo, a fargli spazio nella nostra vita. Lui deve crescere nella Chiesa e nell’umanità intera.

Quest’anno desidero porgere gli auguri natalizi alla Curia invitando ad avere occhi che sanno leggere in profondità la storia che siamo e viviamo. Si tratta, in particolare, di quella vita che si svolge nella nostra Diocesi, nella comunione della Chiesa che è in Faenza-Modigliana. Chiediamoci: vediamo crescere Cristo? Vive in noi, in quello che facciamo? Rimane sempre l’«amore più grande» che dobbiamo avere? Creiamo le condizioni perché “Colui che viene” possa germogliare e fiorire; perché il suo Corpo, che è la Chiesa, vigoreggi e sia luce che illumina, vita che testimonia la sua salvezza? I nostri cuori cambiano per davvero? Grazie all’appartenenza a Cristo riusciamo a fermentare la cultura, a cambiare gli stili di vita? Grazie alla presenza dei credenti, l’amministrazione della cosa pubblica migliora la vita civile, le esigenze del Vangelo sono incarnate nelle decisioni?

Mentre aguzziamo la nostra vista, per contemplare il mistero che si compie nella nostra esistenza e nella vita pubblica, nella famiglia umana, pensiamo al lavoro della Curia come attività ministeriale all’annuncio, alla seminagione di Cristo nel nostro territorio, a far sì che la nostra Diocesi diventi un giardino che germoglia Cristo, Uomo-Dio, Umanità Nuova. Per quel che mi riguarda debbo dire che sono orgoglioso della Curia che mi circonda. Negli anni che ne condivido il servizio ho notato una crescita nell’impegno di creare le condizioni per supportare coloro che sono nel campo dell’annuncio, perché Cristo sia incontrato, amato e testimoniato con coraggio e speranza. Si tratta di una Curia proiettata ad extra e non certo incentrata su se stessa, autoreferenziale. La riforma della Curia, ancora in atto, si prefigge di essere esplicitamente opera di costruzione di un popolo sinodale, che agisce nell’unità e nella comunione con Cristo, ma anche con il vescovo, per essere con più efficacia al servizio della Parola, della catechesi, dell’evangelizzazione integrale, della carità, della famiglia, della vita, per testimoniare ad ogni uomo la vicinanza viscerale di Dio, il suo amore senza limiti. L’attenzione ai beni materiali, alle strutture, la loro razionalizzazione e migliore finalizzazione è orientata a renderli equipaggiamento sufficiente, coerente con le norme non solo ecclesiastiche ma anche civili, ma sempre in linea con la missione primaria dell’evangelizzazione, in una società complessa, evoluta tecnologicamente, non sempre favorevole alla comunità cristiana.

  1. Crescere nell’ardore, nella passione per Cristo, per la sua causa, aumentando nella letizia di essere suoi.

Per collaborare sempre di più e meglio col vescovo a rendere la nostra Diocesi spazio in cui germoglia Cristo occorre crescere nel senso di appartenenza al suo corpo, nella fede che diviene operosità. Occorre essere disponibili a rinunciare ad alcuni propri punti di vista, ad amare le proprie comunità non assolutizzando il ruolo delle persone ma dando il primato a Colui che le salva, al bene comune. Occorre mettersi nella disposizione d’animo di favorire quei processi che sono esigiti dal rinnovamento, da un migliore coordinamento. Con fiducia. Da questo punto di vista, tutti, vescovo, aggregazioni, movimenti, comunità, Curia, dobbiamo crescere nella consapevolezza di essere tronchi in parte secchi, sclerotizzati, chiamati a generare una nuova primavera, mediante una conversione profonda. Investiamo nel grande tesoro che è Cristo. Diventiamo rappresentazione viva di Colui che si dona per far vivere tutti. Mettiamoci a disposizione della primavera delle nostre comunità, specie dei giovani che l’annunciano. Il Sinodo dei giovani è una grande opportunità per crescere nuovi costruttori di Chiesa e di una società più fraterna, giusta e pacifica.

  1. Un’immagine di speranza

La crescita di Cristo nel nostro territorio, nelle persone e nelle istituzioni è, come dicevo, preannunciata dai giovani. Essi, come soleva dire Giorgio la Pira, sono come le rondini, che arrivando nelle nostre terre e nei casolari, l’anticipano e ne sono il segno. Per dire che non lavoriamo inutilmente, e che possiamo coltivare la speranza con fondamento, basta che ci rifacciamo ad un’immagine: quella del teatro Masini in occasione della testimonianza di Simona Atzori. È l’immagine di un teatro troppo piccolo per contenere tutti i giovani che volevano partecipare ed, invece, sono rimasti fuori. Una tale immagine deve rimanere impressa in noi per ricordarci che i giovani sono alla ricerca di un senso per la loro vita. Essi sono disponibili per le mete alte, per Cristo. Forse, siamo noi adulti che manchiamo all’appuntamento con loro, al loro accompagnamento.

  1. Un ringraziamento sincero a tutti

Non posso ringraziare tutti singolarmente. Sono profondamente riconoscente per il grande servizio che svolgete a favore della crescita del corpo di Cristo. Cosa sarebbe il vescovo senza di voi? Voi consentite al vescovo di svolgere il suo servizio alla Chiesa. Grazie, dunque, ancora una volta. Il Signore vi ricompensi. Incontriamo davvero Cristo che viene. Facciamolo nascere in noi tutti i giorni. Come i pastori andiamo a Betlemme. Sia il simbolo di un viaggio spirituale. Se al posto di un Dio glorioso ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, non ci venga il dubbio, come scrisse don Tonino Bello, di aver sbagliato il percorso. Dalla notte del Natale, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli dell’onnipotenza d’amore di Dio.

Buon Natale a tutti!