FESTA DI SAN GIUSEPPE E DEI LAVORATORI

Bagnacavallo, 1 maggio 2019

Oggi, primo maggio, nel contesto della Pasqua, celebriamo la festa di san Giuseppe lavoratore e, insieme, la festa dei lavoratori. Grazie all’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, l’uomo viene associato all’opera di redenzione del Signore Gesù, che è un’opera di liberazione e di umanizzazione, di trasfigurazione. Mediante il dono dello Spirito d’amore di Cristo gli apostoli diventano una comunione di persone, unite nell’impegno dell’annuncio del Vangelo e di una vita nuova per tutte le attività, compresa la cooperazione.

La cooperazione promossa da cristiani, come ha ben detto papa Francesco ai membri della Confederazione delle cooperative italiane nel marzo scorso,[1] è espressione della novità di vita seminata da Cristo nei cuori e nei solchi della storia. Il modello di impresa cooperativa, secondo l’ispirazione cristiana, diventa efficace nel cambiamento del mondo economico proprio perché attinge forza innovativa e trasfiguratrice dalla vita nuova donata da Cristo. Tale vita sollecita un modello alternativo di cooperazione, ossia una cooperazione sociale in grado di coniugare insieme la logica dell’impresa e della solidarietà, la logica del profitto e della responsabilità sociale, promovendo la civilizzazione dell’economia. Dalla vita nuova portata da Cristo deriva una visione nuova della persona e della cooperazione, basata non solo sul profitto, ma in modo particolare su relazioni solidali e sulla Trascendenza. Il camminare e il lavorare insieme, a servizio delle persone e del bene comune, vengono rafforzati, lievitati dall’amore di Cristo. In tal modo, la cooperazione diviene più capace di affrontare le difficoltà e le fatiche della gente, di liberare dalla solitudine e dalla disperazione chi è senza lavoro, facendo sperimentare vicinanza e tenerezza. La parabola degli amici che, a causa della folla, scoperchiano il tetto della casa per calare davanti a Gesù il paralitico è assunta ad emblema da papa Francesco per spiegare l’aspetto prodigioso, quasi «miracoloso», della cooperazione (cf Mc 2, 1-5). Gli amici del paralitico («amici» perché hanno a cuore il suo bene) compiono un gesto «miracoloso» proprio perché si mettono insieme. Mediante una simile strategia, che si mostra creativa e vincente, trovano il modo non solo di prendersi cura del paralitico come uomo, dal punto di vista fisico, ma anche di aiutarlo ad incontrare Gesù che può cambiare la sua vita, rimettendogli i peccati. È importante la sottolineatura fatta dal pontefice. Egli evidenzia che Gesù si rivolge al paralitico vedendo la loro fede, cioè la fede di tutto il gruppo che si adopera nell’aiutarlo. Gesù non solo compie un miracolo nei confronti del paralitico. Lo compie gioendo nel vedere la fede, l’ingegnosità, la strategia di squadra degli amici. Detto altrimenti, cari cooperatori e cooperatrici, il Signore gioisce quando vede una cooperazione che aiuta nel suo nome il povero e i giovani bisognosi di un lavoro, «scoperchiando il tetto» di un’economia che rischia di produrre beni ma a costo dell’ingiustizia sociale. Il Signore gioisce quando con la vostra attività cooperativa sconfiggete l’inerzia dell’indifferenza e dell’individualismo facendo qualcosa di alternativo e non soltanto lamentandovi. Gioisce e benedice il vostro lavoro quando fondate cooperative perché credete in un modo diverso di produrre, in un modo diverso di lavorare, in un modo diverso di stare nell’economia e nella società. Gioisce e compie «miracoli» con voi quando aprite un varco nel muro di un’economia che assolutizza il profitto ed adora la tecnocrazia, mostrandosi indifferente del più debole, sino ad escluderlo. In sostanza, il Signore gioisce quando con la vostra ostinazione ed ingegnosità vincete la paralisi di una società e di una politica che bloccano ed impediscono di trovare soluzioni, giungendo addirittura a disprezzare e a mettere «sotto schiaffo» il mondo della solidarietà, la democrazia partecipativa, come sta avvenendo con il rallentamento dei decreti attuativi relativi alla riforma del Terzo settore.

La cooperazione promossa da cristiani crea, dunque, nei territori un popolo che trasfigura l’economia, andando controcorrente rispetto alla mentalità dominante, per la quale il fattore decisivo dello sviluppo sostenibile sono i beni materiali anziché le persone e le buone relazioni. Quando la cooperazione si struttura come imprenditoria incentrata sul perno dell’amore cristiano diventa più umana. La Lettera ai Colossesi ci indica il segreto perché la cooperazione sia sempre più vitale, generativa di bene comune, ossia: fare tutto di buon animo, «come per il Signore e non per gli uomini». Occorre intendere bene il senso di questa affermazione. Se si serve prima il Signore ne deriva un impegno più motivato ed incisivo per la cooperazione e le persone. Togliere il Signore dal primo posto, per assegnarlo ai beni materiali, all’efficienza, porta alla decadenza spirituale e morale, al fallimento della stessa cooperazione, che viene snervata del suo slancio umanitario ed etico. E, dunque, come dice san Paolo: «Qualunque cosa facciate, in parole ed opere, tutto avvenga nel nome del Signore» (Col 3,17).

[1] Cf FRANCESCO, Discorso ai membri della Confederazione delle cooperative italiane, 16 marzo 2019.

+Mario Toso