ESEQUIE DI SECONDO AZZANI

Faenza, chiesa dell’Osservanza 19 luglio 2019

Fratelli e sorelle, la morte del nostro fratello Secondo Azzani, sopraggiunta con rapidità, ci sollecita a riflettere sulla nostra esistenza, fragile e sfuggente. Ma dobbiamo fermarci a pensare soprattutto su quel fiume di vita che scorre nel profondo del nostro essere: un fiume in cui siamo immersi e che ci rende parte di un flusso di grazia che ci sospinge a trascenderci. Come ci ha detto la Lettera ai Romani (14, 7-9. 10c-12) nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso. Sia che viviamo sia che moriamo siamo del Signore. Perché san Paolo può dire che nessuno di noi vive per se stesso e muore per se stesso? Chi ha fede ed è memore del proprio Battesimo sa che il cristiano vive, muore, risorge nel Signore Gesù. Mediante il Battesimo siamo uniti a Cristo che fa della sua vita un dono, una lotta contro il male, sino a morire sulla croce e a risorgere. Con il Battesimo i credenti vivono in Cristo, partecipano della sua vita, dimorano in Lui, come anche Cristo vive in loro, unito a loro. E così, il loro vivere diventa il vivere di Cristo, con Lui e per Lui, incarnato, ucciso con una morte violenta ma risuscitato da Dio Padre. San Paolo affermava, in maniera breve e densa, che per lui vivere era vivere Cristo. Il Battesimo ci conferisce, e la Cresima le conferma, la vocazione e la missione a vivere non solo per noi stessi, ma per Cristo. Ugualmente, noi non moriamo per noi stessi, ma per il Risorto. Sia che viviamo sia che moriamo, dunque, siamo del Signore.

Deve crescere, allora, in noi la consapevolezza che mentre siamo quaggiù, siamo chiamati a vivere Cristo, la sua stessa capacità di amare il Padre e di servire l’umanità e la Chiesa. Lo Spirito di Cristo ci sollecita a raggiungere la stessa statura morale e spirituale del Figlio di Dio, per partecipare della sua vita sofferente e, insieme, vittoriosa e gloriosa, passando attraverso la croce.

Cari fratelli e sorelle, se tra le vicende, liete e tristi, della nostra vita, ci muoviamo con la coscienza di essere di Cristo, di vivere con Lui, per Lui, tutto acquista un altro senso, tutto seppur greve diviene più lieve, più sopportabile. Accettiamo più serenamente i nostri limiti ed incapacità. E chi non ne ha. Dopo le nostre cadute ci rialziamo con speranza e con vigore rinnovati, perché non siamo soli. C’è Chi è con noi, cammina con noi, ci solleva su ali potenti. Non possiamo essere demotivati, perché non viviamo come se Dio non esistesse, bensì con la certezza e l’esperienza continua che Lui esiste per noi, per tutti, per il creato. Egli è l’Amore pieno di verità. Egli è Colui che è e tutto sorregge. È principio del nostro compimento, che si dipana come un vivere soprattutto per Dio. Sia che viviamo sia che moriamo noi siamo del Signore della vita, per il Signore, che è la pienezza di vita.

Il brano tratto dal vangelo di Luca (12, 35-40) ci invita ad essere pronti: «Anche voi tenetevi pronti perché nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Come a dire che non sappiamo quando dovremo abbandonare la scena di questo mondo. Ma come dobbiamo trovarci allorché giungerà il momento del nostro incontro con il Signore? Ecco quanto ci insegna Gesù: «Siate pronti con le vesti strette ai fianchi […]; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito».

Chi, per fede, vive Cristo, ossia non vive per se stesso, ma per gli altri e per Dio, è certamente pronto ad accogliere Colui che viene. Chi vive costantemente in questo modo si trova sveglio, con le vesti cinte ai fianchi. Crediamo che il nostro fratello Secondo sia stato trovato proprio così, pronto, come servo attento e premuroso nei confronti dei suoi fratelli e della sua Chiesa. Sino a pochi giorni fa Secondo era in Curia per aiutare nel disbrigo di quei servizi che un tale organismo offre alla Chiesa diocesana. Ma se c’è un tratto che ha contraddistinto Secondo più di ogni altro è stato il suo servizio nei confronti di varie comunità parrocchiali, di sacerdoti e degli stessi vescovi, me incluso. Ricordo oggi, tra l’altro, a mo’ di esempio, l’amorevole cura che egli ebbe per Monsignore Giuseppe Piazza, divenuto anziano, incapace ormai di movimento. L’ha accompagnato con dedizione e pazienza fraterna nella sua infermità, sino all’ultimo. Posso assicurare che se Secondo ha fatto della sua esistenza un vivere per il servizio ai sacerdoti, egli l’ha compiuto come un servizio a chi rappresenta il Cristo in terra. Si tratta di una diaconia sempre più rara, sebbene preziosissima per le comunità cristiane e la Chiesa. Chi, come alle origini della prima comunità, si prende cura di Cristo e degli apostoli, collabora all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo, alla salvezza del mondo.

In questa celebrazione Eucaristica preghiamo per il nostro fratello Secondo Azzani, servo buono e fedele. Il Signore lo accolga nel suo Regno di luce e di pace. Preghiamo per le figlie e tutti i suoi parenti, affinché sentano il conforto di Cristo Gesù, Signore dei vivi e dei morti.

+ Mario Toso

Vescovo di Faenza-Modigliana