Solennità di Tutti i Santi

Cattedrale, Faenza 1 novembre 2019

Oggi la Chiesa onora e ricorda tutti i suoi figli, quelli passati e presenti. Nella prima lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come «una moltitudine immensa» che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua (cf Ap 7,9). Tra di essi sono compresi i santi dell’Antico Testamento, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dall’inizio del cristianesimo e i beati e si santi dei secoli successivi, sino ai martiri e ai testimoni di Cristo del nostro tempo. Li accomuna tutti l’essere di Cristo. Nella moltitudine dei santi non vi sono solo quelli canonizzati, ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione. Della gran parte di essi non conosciamo i volti. Essi, tuttavia, risplendono, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. La Chiesa oggi non festeggia solo i suoi figli che sono in paradiso ma anche coloro che camminano come Chiesa militante su questa terra, verso la meta finale. Sant’Agostino raffigura la Chiesa come un popolo che si muove, quale schiera sterminata di persone, verso la Gerusalemme celeste. Di questo popolo una parte è ancora quaggiù, pellegrino. Un’altra parte è giunto in prossimità di quel tempio di luce ove coloro che vedono il volto di Dio faccia a faccia esultano e gioiscono godendo la sua piena comunione. Si tratta di coloro che debbono ancora purificarsi e perciò si trovano nel pronao, all’entrata del tempio, in attesa di fare il loro ingresso definitivo.

La liturgia di oggi ci esorta, dunque, a concentrare lo sguardo sull’interezza della nostra famiglia. Desidera che ci vediamo per quello che siamo: una grande e sconfinata comunione. Formiamo la comunione dei santi del cielo e della terra. Siamo in compagnia di una grande moltitudine di fratelli e sorelle, tutti partecipi, in maniera diversa, della vita gloriosa di Cristo. La comunione dei santi esiste proprio grazie al Redentore, che incarnandosi ha assunto la nostra esistenza e ci ha arricchiti di vita immortale.

In questa comunione dei santi, attraverso Cristo, sommo sacerdote, pontefice massimo, costituito cioè ponte tra noi che viviamo sulla sponda della mortalità e i nostri cari che sono già approdati sulla sponda dell’immortalità, le nostre preghiere passano. Partendo da noi giungono ai nostri cari e possono aiutarli nel loro bisogno di purificazione. Peraltro, sempre attraverso Cristo, da coloro che sono presso Dio, stabilizzati nella sua vita, ci arrivano grazie, sovrabbondanza di doni, intercessione.

Quale mistero di solidarietà! Viviamo e celebriamo una sconfinata tenerezza, che travalica  i confini dello spazio e del tempo e ci dà conforto. Nella comunione dei santi con Cristo, l’amore per i nostri cari defunti continua. Il loro affetto per noi non cessa mai. Il Signore tiene vivo e rende eterno il legame d’affetto che ci unisce.

In questa solennità, guardando al luminoso esempio dei santi si risveglia in noi il desiderio di essere come loro. Divenire come loro luce del mondo. Risplendere della luce di Cristo, divenendo popolo che annuncia, vive, celebra e testimonia Lui.

Non a caso il titolo della Lettera pastorale di quest’anno è: «Voi siete la luce del mondo». L’identità dei cristiani è l’identità di Cristo. La luce dei cristiani nasce dalla stessa identità di Cristo. È Gesù la luce del mondo. È Lui la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9). E, così, i credenti diventano un suo «sacramento» quando sono suoi missionari, si impegnano a trasfigurare con Lui il mondo. Nella Lettera pastorale si riconosce un’urgenza su tutte: quella di formare i formatori della fede. Se non ci dedichiamo alla formazione, specie delle giovani generazioni, pregiudichiamo il futuro delle nostre comunità. Non potranno più essere luce e sale della terra. Guardando la copertina della Lettera vi si può vedere raffigurato il Cristo, giovane, guerriero, che combatte e sconfigge il male non con la spada bensì con la Croce portata sulle spalle mentre regge lo scudo, che è il Libro del Vangelo, recante la scritta: «Io sono via, verità e vita». Calpesta il serpente che sibila tentazione. Alla luce di questa rappresentazione di Cristo, che oggi è al centro della solennità dei Santi, dobbiamo pensarci più che comunità che si compiace – anche questo certamente, grazie all’aiuto del Signore riusciamo a compiere un po’ di bene  -, soprattutto come comunità di risorti, comunità sempre giovane e attiva nel combattimento. Un giovane avendo letto La lettera pastorale mi ha inviato questo messaggino: «Come va come vescovo militante in Cristo»? Mi pare che abbia capito bene il senso della Lettera. La stessa domanda la faccio a voi: «come va come cristiani militanti in Cristo»?

Per capire chi siamo, in occasione della festa di Halloween, invece di organizzare il gruppo dei bambini vestiti da diavoletti, portiamo  ragazzi e giovani a visitare la nostra cattedrale. I nostri amici sono i santi.

Nella nostra cattedrale, guardando e soffermandoci a destra e a sinistra, ma anche al centro troviamo immagini di santi, il corpo di santi e di beati, cari alla nostra comunità, la tomba di sacerdoti e di vescovi, che sono stati e sono luce per noi, perché con l’eroicità della loro vita hanno annunciato l’amore di Cristo, la sua opera di redenzione, di trasfigurazione del mondo. Dopo aver terminato il nostro giro ci troveremo rinfrancati, col cuore pieno di speranza. Ci si sentirà confortati dalla compagnia e dall’esempio anche di coloro che hanno desiderato di essere sepolti più vicini al luogo in cui si celebra l’Eucaristia, il sacrificio di Cristo che consente ed alimenta la comunione dei santi. Impariamo da loro. Insegniamo alle nuove generazioni a pregare e a far celebrare sante Messe per i nostri defunti, per coloro che, sacerdoti e vescovi, catechisti e diaconi, hanno nutrito la nostra fede e sono divenuti per noi luce.

La vista di alcuni fratelli canonizzati o divenuti santi e beati ci confermerà nella convinzione che la santità esige un combattimento continuo, pacifico ma sempre implicante lotta per il bene. La santità è possibile a tutti, perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio tre volte Santo (cf Is 6, 3).

La via della santità è tracciata dalle beatitudini che abbiamo sentito leggere. Dice Gesù: beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cf Mt 5, 1-12a). Il Signore ci aiuti ad essere luce del mondo.

+ Mario Toso